Cass. Civ., Sez. III, 26.02.2020, n. 5128

Cass. Civ., Sez. III, 26.02.2020, n. 5128

Una signora si sottopone a cure ed interventi odontoiatrici presso uno studio dentistico privato da febbraio 2000 a marzo 2004: non ottiene alcun beneficio ed anzi riporta dei danni permanenti alla persona.

In primo grado il Tribunale adito accoglie la domanda avanzata da parte attrice, dichiarando la responsabilità contrattuale dei convenuti, condannandoli al risarcimento del danno nonché alla restituzione di quanto già versato dalla paziente in conseguenza della risoluzione del contratto di cure dentistiche.

I convenuti presentano quindi appello lamentando come parte attrice, in primo grado, non abbia in realtà assolto al proprio onere probatorio, non avendo né dimostrato, né allegato quale sia stato l’inadempimento specificamente addebitabile al dentista; stesso discorso con riguardo al nesso causale tra le cure approntate dallo studio dentistico ed i danni riportati dalla paziente, rimasto privo, a detta degli appellanti, di specifica dimostrazione.

La Corte di Appello rovescia la sentenza di primo grado con argomentazioni del tutto singolari: da un lato fa proprie le risultanze della CTU svolta in primo grado secondo cui, nonostante la mancata conoscenza della natura dell’intervento concretamente effettuato dallo studio dentistico adito in giudizio, i trattamenti svolti sulla paziente dal personale medico convenuto in giudizio sono da considerarsi certamente censurabili in quanto non hanno assicurato un’apprezzabile guarigione della paziente. Dall’altro lato però la Corte di Appello di Bologna sostiene che permanga un’insuperabile incertezza sia sulla condotta inadempiente del dentista, sia sul nesso di causa tra la condotta del dentista ed il danno subito dalla paziente. Sulla base di queste ultime ragioni, unitamente alla mancata allegazione (da parte della paziente) di prove documentali sul proprio stato di salute antecedente agli interventi dentistici in questione, perviene a conclusioni opposte rispetto a quelle del Tribunale di primo grado.

La Corte di Cassazione adita dalla paziente giunge a conclusioni opposte rispetto a quelle della Corte di Appello. Proprio dalla CTU effettuata in primo grado emerge chiaramente che non solo gli interventi dentistici non hanno risolto le problematiche della paziente, ma le hanno altresì provocato danni alla persona. Sempre dalla CTU emerge poi che l’aggravamento osservato è ascrivibile al negligente operato del dentista e valutabile in termini di causalità giuridica con i danni patiti dalla paziente. Ecco che quindi il ricorso presentato dalla paziente viene accolto e la sentenza di appello viene cassata con rinvio alla Corte di Appello di Bologna.