Cass. Civ., Sez. III, Ord. N. 17696 del 2020

Cass. Civ., Sez. III, Ord. N. 17696 del 2020

Una paziente viene ricoverata in struttura ospedaliera pubblica per un intervento di riduzione e sintesi di frattura di rotula e quindi dimessa. Insorge un’infezione batterica da stafilococco aureo e per questo viene nuovamente ricoverata e sottoposta a terapia antibiotica. La paziente manifesta una reazione allergica cutanea e per questo la terapia antibiotica viene sospesa. Seguono prelievi emocolturali per seguire l’evoluzione dell’infezione: detti prelievi, tuttavia, così come i relativi responsi, non risultano cartelle cliniche. La paziente veniva quindi dimessa senza terapia antibiotica per poi essere nuovamente ricoverata a causa della persistenza dell’infezione da stafilococco aureo. Segue un secondo intervento per revisione del focolaio di frattura. Le condizioni della donna peggiorano rapidamente fino al decesso.

In primo grado la domanda avanzata dal marito e dal figlio avente ad oggetto la richiesta dei danni conseguenti alla morte della donna viene rigettata e le spese di lite compensate.
Marito e figlio della paziente deceduta impugnano la decisione di primo grado: la Corte di Appello di Torino conferma la sentenza del Tribunale di Torino e condanna gli appellanti al pagamento delle spese del giudizio di appello.

Per praticità nella disamina dell’ordinanza della Suprema Corte suddividiamo i fatti accaduti in due nuclei:

a) Somministrazione della terapia antibiotica nelle immediatezze dell’intervento di riduzione e sintesi di frattura di rotula;
sul punto le linee guida indicano che la terapia antibiotica deve essere somministrata in un arco temporale compreso tra i 60 ed i 30 minuti antecedenti l’intervento: la ratio è far sì che al momento dell’operazione sia consentito il massimo afflusso del farmaco nel sangue. Nel caso di specie invece c’era stata la contestuale infusione di antibiotico e cocktail di narcotici.

b) Gestione dell’infezione da stafilococco aureo (con somministrazione della terapia antibiotica) e dell’allergia alla terapia antibiotica;
a seguito dell’insorgenza della reazione allergica i sanitari sostengono di aver effettuato analisi emocolturali che però non risultano dalle cartelle cliniche; così non è possibile sapere quali fossero i valori ematici tali da far capire quale fosse la gravità dell’infezione batterica, con conseguente possibilità per i medici di riprendere la terapia antibiotica. Per altro, ad allergia emersa, la vancomicina avrebbe potuto essere un valido antibiotico da somministrare in accordo con il parere dell’allergologo.

Ciò detto, nessuno ha mai contestato che il batterio che ha causato l’infezione de quo sia stato contratto in ospedale, anche perché lo stafilococco aureo è di frequente origine nosocomiale e proprio per questo è un batterio particolarmente resistente agli antibiotici. Considerato quindi che un’infezione da stafilococco aureo in ambiente ospedaliero non può considerarsi un fatto né eccezionale, né difficilmente prevedibile, la struttura sanitaria deve prestare una particolare attenzione alla sterilità di tutto l’ambiente operatorio. A tal proposito, l’onere di provare di aver fatto tutto il necessario per garantire la perfetta igiene della sala operatoria non può che gravare sulla struttura ospedaliera.

Sempre in sede di CTU era stato accertato che lo shock settico è stato una concausa della morte. Non solo: dice il CTU che in assenza dell’infezione batterica da stafilococco aureo la sopravvivenza della paziente sarebbe stata “più probabile che non”.

In definitiva, sebbene le linee guida non impedissero la contestuale somministrazione dei narcotici e dell’antibiotico, il fatto che dopo pochi giorni dall’intervento si sia manifestata l’infezione, è indice del fatto che qualcosa non era andato a dovere in sala operatoria. A maggior ragione se si considera anche la lacunosa tenuta della cartella clinica.
Stante la dimostrazione, da parte della difesa del paziente, del nesso causale tra ricovero ed insorgenza dell’infezione
la mancata dimostrazione della corretta sterilizzazione dell’ambiente operatorio.