Un uomo, dopo aver subito una frattura dell’anca destra che gli ha comportato un’invalidità permanente del 60%, rimane coinvolto in un sinistro stradale e subisce un trauma contusivo della stessa anca destra: l’invalidità permanente passa dal 60% al 66,5%. L’uomo cita quindi in giudizio la Compagnia assicurativa competente chiedendo il risarcimento del danno patito in conseguenza del sinistro stradale, considerando la pregressa invalidità permanente (dunque dal 60% al 66,5%). La Compagnia dal canto suo ritiene di dover pagare il risarcimento corrispondente all’invalidità causata dal sinistro stradale, ossia del 6,5% (da 0% a 6,5%).
Nel caso oggetto di decisione da parte della Suprema Corte, il sinistro ha colpito lo stesso arto già menomato provocando all’uomo un aggravamento della pregressa invalidità del 6,5% (dal 60% al 66,5%). Il punto è che, se andiamo a monetizzare, la versione del danneggiato e quella della Compagnia assicurativa conducono a due risultati ben diversi: lo stesso 6,5% ha un’incidenza significativamente differente a seconda che intervenga su una persona perfettamente sana (risarcimento intorno ad € 12.000,00) o su una persona che presenta già un’invalidità pregressa del 60% (risarcimento intorno ad € 80.000,00).
La Cassazione, confermando quanto già statuito sia in primo grado che in appello, respinge il ricorso avanzato dalla Compagnia assicurativa riconoscendo la correttezza della tesi del danneggiato.
Possiamo dunque concludere che, a fronte dello stesso evento lesivo, al soggetto già menomato nella stessa parte del corpo danneggiata anche dal sopravvenuto evento lesivo, spetterà un risarcimento di gran lunga maggiore rispetto a quello che spetterebbe ad un soggetto perfettamente sano.